La parola “Costituzione” indica, contemporaneamente, un atto fondativo (così, la costituzione di un gruppo) e uno stato o condizione vitale permanente, connessi alla “natura” o alla “struttura” di qualcosa o di qualcuno (così, la costituzione, più o meno sana e robusta, di un organismo).
L’ambiguità della metafora persiste anche nel significato – più specifico o “tecnico” – riferito alla “carta” che contiene principi e regole considerati “fondamentali”: da un lato, essa “prescrive” (impone un ordinamento, o un’organizzazione, alla convivenza sociale), dall’altro essa “descrive” o “trascrive” (ne esprime i caratteri o le qualità).
E ancora: da un lato è sensibile alle istanze di mutamento, dall’altro è connessa al bisogno di stabilità.
Su queste basi, la prescrittività della Costituzione richiama contemporaneamente la novità del “progetto” (o del programma) e la necessità del “fatto”: essere a “fondamento” (piuttosto che non al vertice) dell’esperienza collettiva significa, in ogni caso, imprimere a questa come un itinerario conseguente.
Ma i basamenti di un edificio o le radici di una pianta non si vedono, come spesso le cose fondamentali tra gli umani: proprio in quanto non dicibili e, nel caso, condivise senza pattuizione, appaiono destinate a durare.